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Il miele nel piatto

di Barbara Golini


pp. 64, f.to 12×16,5, 2002
ISBN 978-88-7246-538-7
€ 4,00

 

Quando un po’ assonnati la mattina facciamo colazione e spalmiamo sulla fetta di pane il miele, abbiamo mai pensato a tutta la storia racchiusa in quel barattolo?

A questo proposito ho un piccolo aneddoto da raccontarvi: mi trovavo a Venezia in albergo con mia figlia Benedetta, che allora aveva tre anni, quando la bambina, guardando tra le varie confezioni di marmellata, ne trovò una che la incuriosì particolarmente in quanto sul coperchio erano disegnati dei piccoli insetti e la fece esclamare “mamma! La marmellata di mosche!” Si trattava invece di un vasetto di miele.

Così ho pensato a questo piccolo libro che vuole offrirvi solo una minima raccolta di ricette per la gola, lo spirito e il corpo; spero anche di contribuire a farvi apprezzare questo dorato alimento divino.

Il Miele nasce infatti tra miti e leggende, ci riporta alla notte dei tempi e tornano alla mente i luoghi sacri in cui il miele scorreva a fiumi.

Gli dei dell’Olimpo, che si nutrivano di nettare e ambrosia, avevano concesso agli uomini sulla terra di nutrirsi del miele offerto dalle api. Milioni di anni prima che l’uomo comparisse sulla terra le api erano già al lavoro; ne sono oggi preziose e rare testimonianze le gocce di resina fossile: l’ambra che custodisce, come in uno scrigno, i piccoli insetti. Le api erano considerate dagli antichi popoli il tramite divino, da noi invece sono apprezzate soprattutto per il loro lavoro e la perfetta organizzazione con cui gestiscono gli alveari.

Testimonianze sul miele si hanno già in graffiti rupestri di 12.000 anni fa in Spagna, in India e in tutto l’Oriente.

Negli scritti in sanscrito Krishna era raffigurato di frequente sotto le sembianze di un’ape azzurra che succhia il nettare da un fiore di loto; nell’antico Egitto invece, si pensava che le lacrime versate dal dio Ra si trasformassero in api.

Tutti concordi però, dalla Bibbia ai poemi omerici, nell’apprezzare il dorato alimento divino: il miele. Numerose sono le varietà del miele, tante quante sono le varietà di fiori e ancora di più: infatti si trova anche il miele di “melata”, la produzione zuccherina degli afidi delle piante; si va dai più dolci addirittura a quelli amari: il millefiori, che è il più comune, quello di acacia, di girasole, di melone, di lavanda e di agrumi, per passare ai più amari come quello di castagno e di corbezzolo, tra i più ricercati, poiché quando queste piante fioriscono, le api stanno già pensando al riposo e, con molta fatica, producono solo piccole quantità di questo miele; l’abbinamento di queste due qualità di
miele con i formaggi è d’obbligo. In alta montagna si trova anche un miele di gemma d’abete di sapore piuttosto forte e intenso.

Infine, ma non ultimo, il miele di spiaggia che profuma di fiori di macchia e di salmastro perché le arnie vengono collocate sulle dune degli arenili tra cielo e mare.

Non resta che provare!

 

 

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