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Mangiari Lucchesi

mangiari lucchesi


pp. 64, f.to 12×16,5, 1987
ISBN 978-88-7246-151-8
€ 4,00

 

Molte parole e modi di dire lucchesi sono stati usati nel volume senza spiegazione e pertanto sarà necessario darne almeno qualcuna. Il «pane posato» è il pane che ha più di un giorno, ma non è ancora secco, e ben si presta per tutte quelle preparazioni ove il pane deve conservare una certa consistenza; la «mezzina» è la pancetta di maiale salata, stesa o arrotolata; i «fagioli scritti» assomigliano ai borlotti per avere anch’essi la superficie con segni rossi su fondo bianco, ma sono più grossi e la forma è un po’ più allungata. Nelle ricette, al loro posto, abbiamo suggerito i borlotti, che da noi non sono apprezzati. Il «pepolino» o «pepori-no» è il timo serpillo; la «niepitella» o «nièbbita» è la mentuccia; il «rumaiolo» altro non è che il ramaiolo e probabilmente la parola deriva dal verbo «rumare», prettamente lucchese, che significa mescolare, agitare. Quando nelle ricette si parla di olio, si intende sempre olio di oliva extra-vergine che in Lucchesia viene prodotto in qualità impareggiabili.

Quando si parla di pomodori pelati, si fa per semplificare. Le nostre donne preferiscono usare pomodori freschi e ben maturi o, fuori stagione, quelli che hanno conservato con metodi vari, al passo coi tempi… (dall’introduzione)

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